DIZIONARIO



Segnali discorsivi (Discourse signals)

Segnali discorsivi - Def. I segnali discorsivi sono quelle parole o espressioni, tipiche del linguaggio parlato, che vengono inserite dal parlante all’inizio, a metà o alla fine dell’unità di discorso considerata. Sono generalmente ripetitivi e possono sconfinare nella classe dei tics verbali. Appartengono a categorie morfologiche di ogni genere (“ma”, “eh”, “praticamente”, “guardi”, “in un certo senso”, “voglio dire”, ecc.) e andrebbero semmai classificate per funzioni, anche se molti sono polifunzionali. Quando un’espressione è usata come segnale discorsivo, conserva un proprio “significato primario”, che viene tuttavia attenuato, e acquisisce un “significato pragmatico” aggiuntivo. Per esempio quando Marta (nell’articolo «Indeterminatezza e incentivi» di TC 42) dice: «...la componente all’esterno, quando son cose che riguardano il sociale, è sicuramente la timidezza», l’avverbio “sicuramente” ha un significato primario di certezza, ma viene percepito come tentativo di autorassicurazione o volontà di ottimismo, quindi segno d’incertezza.
Criteri di riconoscimento. Li riconosce chiunque abbia un minimo di competenza testuale, in altri termini conoscenza linguistica e conoscenza della vita. Tuttavia vi sono caratteri sintattici propri dei segnali discorsivi che ne costituiscono i criteri d’identificazione. I segnali discorsivi sono esterni al contenuto proposizionale: sono quindi eliminabili. Si perdono nelle parafrasi, nelle frasi dette in eco e nel discorso riferito, non sono negabili, e non sono interrogabili (non è possibile costruire una domanda di cui siano la risposta). Si situano sul piano dell’enunciazione, e quindi se verbi, sono (quasi) sempre al presente (fa eccezione l’espressione “ha capito?” a volte usata come intercalare).
Funzioni. Nella prospettiva della linguistica testuale, che si occupa del testo come forma comunicativa,  i segnali discorsivi svolgono una doppia funzione, metatestuale e interattiva. Nella funzione metatestuale, servono a sottolineare la strutturazione del discorso e a rinforzare la coesione del testo connettendone le parti. Sul piano formale, rappresentano formule di apertura, proseguimento o chiusura; sul piano semantico, indicano il valore che il parlante annette alla propria asserzione, sia che la metta in evidenza con i focalizzatori (“proprio”, “ecco”, “appunto”), sia che indichi l’intento di riformulare, parafrasare, correggere, attenuare il suo dire (“insomma”, “diciamo”, “voglio dire”). Ancora nel testo di Marta, troviamo con frequenza, con funzione attenuativa, l’espressione “in qualche modo”: «Non so, in qualche modo mi sembra di sprecare, di sprecare il tempo, di sprecare la vita, in qualche modo». Nella funzione interattiva,  sottolineano la dimensione interpersonale della conversazione. Vengono usati nella gestione del turno verbale: la sua presa (“allora”, “ma”, “ecco”), la sua cessione (“ecco” finale), o l’interruzione dell’interlocutore (“scusi”, “un attimo”). Hanno il valore di riempitivi per tenere il turno (nelle interrogazioni scolastiche, nel parlato radiofonico), o un valore fatico per mantenere il contatto con l’interlocutore (“cara signorina”, “caro te”, “sai”, “ascolta”). Infine modulano la forza dell’asserzione e il grado d’impegno a sottoscrivere l’enunciato (“naturalmente”, “secondo me”, “se non sbaglio” fra tanti altri, e ancora “diciamo”, “insomma”, “voglio dire”).
Significato clinico. Il conversante valuta e usa i segnali discorsivi che osserva nel testo del parlante in due direzioni. a) Valuta se nell’uso che ne fa il parlante domina la funzione interattiva o la funzione metatestuale, con i criteri seguenti: se il testo è sintatticamente destrutturato, con molti anacoluti, la presenza o l’aumento di segnali discorsivi indica la prevalenza delle funzione metatestuale e quindi la probabilità di una difficoltà di pensiero; se il testo è ben formato, i segnali discorsivi hanno un valore prevalentemente interattivo. b) Usa i segnali discorsivi come segnalatori dei valori dominanti del parlante (“capisce” indica un valore differente rispetto a “scusi”) e come predittivi della struttura del testo. Per esempio “ecco” evoca una struttura bipolare, “se vuole” a un discorso generico impersonale, “così”, “cioè”, “diciamo”, “insomma” a un pensiero potenzialmente destrutturato.
 
Pierrette Lavanchy



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