DIZIONARIO



Incentivi conversazionali

Incentivi conversazionali. Con il termine di incentivo conversazionale si intende in una conversazione, assimilata a un bilateral verbal trade, a un commercio bilaterale di parola, qualsiasi azione del terapeuta o del paziente volta a far riprendere lo scambio di parole inceppato o difficoltoso ovvero infelice. Prendiamo, come esempio, la prima conversazione di Caterina del 26.03.09. Dopo aver drammaticamente esordito affermando di essere inaffidabile, di aver provato numerose analisi che non hanno dato alcun risultato e anche un’ipnosi alla quale si è mostrata resistente, Caterina parla poi per quasi 30 minuti unicamente del marito e dei suoi due figli, per concludere: «Però vorrei parlare anch’io dei miei problemi, perché uno dei miei problemi è che non ho un equilibrio stabile.» Il terapeuta dice allora: «Ecco, parliamo di lei». Possiamo considerare l’intervento del terapeuta, nella sua forma ingiuntiva, deontica, come un incentivo, nel senso che potrebbe avere come risultato l’interruzione del flusso di parole di Caterina che stavano diventando sempre più svalutate quanto più intasavano il mercato di un bene ripetitivo, sempre uguale, e conseguentemente a introdurre nel mercato un bene nuovo, quindi, a parità di altre condizione, di maggior valore. L’intervento del terapeuta chiamato qui incentivo rientra negli interventi di focalizzazione, noti al Dizionario. La conversazione definita come intasata da parole svalutate quanto più si ripetono uguali, rientra nella nozione nota di conversazione infelice. L’intervento del terapeuta sembra poi utilizzare la regola chiave del conversazionalismo posta nella domanda: ‘come se ne esce?’, nel senso di provare a uscire da una conversazione infelice per accedere possibilmente a una conversazione felice. 
 
Incentivi coercitivi. Con il termini di incentivi, designiamo l’insieme dei beni di parola, verbal assets, che il trader immette nel mercato della conversazione. Come sottogruppo della classe degli incentivi, gli incentivi coercitivi sono quelli che hanno la forma logico-modale deontica, che trasmettono un obbligo o un invito morale. Per esempio, nella conversazione di Giuliana Andò Come si può uscire dalla asimmetria epistemica, quando la terapeuta invita la paziente a rivelare ciò che tiene nascosto, ricorre a un incentivo coercitivo, o un incentivo morale con grande forza coercitiva. Nell’esempio riportato da Giuliana, gli interventi coercitivi non ottengono il risultato di far cambiare l’atteggiamento di riserva epistemica e di non collaborazione della paziente, a differenza degli incentivi remunerativi (cfr). Gli incentivi coercitivi appartengono alla categoria di relazione che Rodolfo Sabbadini ha chiamato di negoziazione (cfr), diversa dalla categoria di relazione di mediazione (cfr).
Giampaolo Lai.
 
Incentivi remunerativi. Con il termini di incentivi, designiamo l’insieme dei beni di parola, verbal assets, che il trader immette nel mercato della conversazione. Come sottogruppo della classe degli incentivi, gli incentivi remunerativi sono quelli che rientrano nella forma logico-retorica della condivisione epistemica. Nella condivisione remunerativa, il trader che lancia l’incentivo non cerca di piegare gli interessi del partner alla massimizzazione dei propri interessi. Piuttosto si espone al rischio di sbagliare, facendo come se possedesse le informazioni che l’altro infatti non gli ha ancora fornito. Nell’esempio di Giuliana Andò, la terapeuta utilizza un incentivo remunerativo quando non chiede alla paziente qual è il suo segreto, ma si espone al rischio di sbagliare affermando che il suo segreto ha a che fare con la morte della madre. Gli incentivi remunerativi appartengono alla categoria di relazione che Rodolfo Sabbadini ha chiamato di mediazione (cfr) diversa dalla categoria di relazione della negoziazione (cfr).

Giampaolo Lai
 



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