Tre padri in giro
La relazione dei figli con i padri: le tre versioni dei terapeuti di famiglia, della storica, del tecnico delle conversazioni
 

Sono stati pubblicati recentemente tre libri che trattano del medesimo oggetto, anche se da prospettive molto lontane le une dalle altre. L’oggetto al quale i tre volumi si riferiscono è la relazione dei figli con i padri. Gli autori dei tre testi sono Maurizio Andolfi, terapeuta della famiglia, Eva Cantarella, storica, e l’estensore di questa nota, Giampaolo Lai, tecnico delle conversazioni.

Nel suo libro La terapia familiare multigenerazionale. Strumenti e risorse del terapeuta[1], Maurizio Andolfi sostiene la tesi che i problemi o i sintomi del paziente che arriva dal terapeuta di famiglia non hanno la loro origine né nel paziente designato, né nella sua famiglia, bensì nei rami ascendenti delle relazioni multigenerazionali, tra i padri, i nonni e oltre a ritroso. Se così stanno le cose, è ragionevole pensare, come Andolfi pensa e scrive, che la terapia delle sofferenze del paziente attuale va cercata alle spalle del paziente, nelle sue generazioni che lo precedono. Da qui l’idea, da una parte, che la migliore medicina è nella famiglia, e dall’altra parte, che il paziente malato sia una porta d’accesso privilegiata per la ricerca delle origini dei sintomi e quindi della loro cura. Ma se il sintomo è una porta d’accesso al mondo familiare, il paziente diventa una guida preziosa nell’esplorazione dei legami familiari, sia quando sono stati spezzati, sia quando si sono attorcigliati in nodi apparentemente insolubili. La cura consiste in definitiva nel percorrere a ritroso le tortuose vie delle generazioni dei padri e dei nonni e oltre, per poi tornare al presente con una visione nuova delle difficoltà che il paziente attuale sta vivendo. La concezione generale è che conoscere è curare, sapere è guarire. La famiglia attuale dove il paziente con sintomi sta vivendo, è un po’, nel modo di vedere di Andolfi, come un sottosistema, il sottosistema dei figli, che prende il suo senso solo se inserito nell’insieme più ampio multigenerazionale, il macrosistema delle generazioni precedenti. Una volta guadagnato l’accesso alle generazioni precedenti, si potrà iniziare una ricerca dei significati relazionali nel macro-sistema della famiglia, con la costruzione anche di mappe dei loro territori o genogrammi, da cui poi ripartire per una riparazione dei danni e delle ferite accumulato nei passaggi delle generazioni.     

Molto meno ottimistica di quella di Andolfi, nella quale l’indagine a ritroso multi generazionale sembra portare quasi come effetto secondario inevitabile una guarigione dei danni accumulati nelle generazioni precedenti a carico di quella attuale, appare la relazione tra figli e padri nel saggio di Eva Cantarella, Non sei più mio padre. Il conflitto tra genitori e figli nel mondo antico [2], concentrato sul mondo della Grecia antica. Il conflitto tra padri e figli non è più visto in chiave psicologica e affettiva, come tendono a vederlo sia Andolfi sia due psicoanalisti, richiamati dalla Cantarella, peraltro di matrice differente, l’uno junghiana, Luigi Zoja [3], l’altro lacaniana, Massimo Recalcati [4], entrambi centrati sulla universalizzazione dell’idea della scomparsa progressiva del padre dalla famiglia. Piuttosto è visto come un conflitto strutturale, in qualche modo costitutivo della storia nella quale singolarmente appare come un evento tra gli altri da individuare. Eva Cantarella ci prende per mano a mostrarci il conflitto generazionale nei miti teogonici, dove Urano mangia il figlio Crono, e Crono tenta di divorare il figlio Giove, nella famiglia patriarcale, nella mitologia, nei poemi omerici, nella tragedia classica. La relazione tra padre e figlio è vista nei termini del rapporto tra figlio servo ubbidiente e padre padrone tirannico. Il padre esercita tutti i diritti, la patria potestas, come si dirà nel diritto romano, e non la potestà genitoriale come si dice oggi, riferendosi al diritto riconosciuto di esercitare la propria autorità della madre e del padre. Fra questi diritti c’è anche quello di dare il nome al figlio, ma anche di toglierlo, di accoglierlo nella propria casa ma anche da questa cacciarlo (apokeryxis). Tra gli esempi che Eva Cantarella riporta, c’è quello di Temistocle, l’eroe di Salamina, talmente violento da far pensare al padre di cacciarlo di casa, dopo che la madre si era suicidata per le sue malefatte. Anche Aristotele [5] pensa che il padre abbia il diritto di cacciare il figlio se questi eccede in perversità. Per esempio, Pericle, tutore di Alcibiade, aveva pensato di cacciare di casa (esercitando il suo diritto di padre acquisito) il bad boy di Atene, perché, tra le altre sue trasgressioni e provocazioni, si era allontanato da casa con uno dei suoi amanti. Eva Cantarella ci mostra, con molta chiarezza, come la dipendenza dei figli dal padre non fosse tanto una faccenda psicologica emotiva, quanto legata a fattori economici. I padri continuavano a possedere i beni della famiglia anche quando i figli erano già nella maggiore età. E Pericle, nei confronti del figlio Santippo che aveva fatto debiti in nome del padre, non solo si rifiuta di pagarli al momento della scadenza, ma addirittura cita in tribunale il figlio e forse anche il creditore. A dare il titolo al saggio di Eva Cantarella è la frase rivolta al padre dal figlio Admeto [6], che si era rifiutato di morire al posto suo, come invece aveva accettato di fare la moglie di Admeto, la dolcissima Alcesti che si sacrifica per il marito. «Non sei più mio padre», dice Admeto, perché non hai voluto morire per me. La risposta del padre è altrettanto dura. Ma perché avrei dovuto morire per te, chiede il padre, che accusa il figlio di arroganza. «Ti ho dato la vita e allevato, non avevo il dovere di morire per te, non ho ricevuto dai miei antenati una legge che mi impone di farlo. Farlo non è un’usanza greca.» Il rapporto tra padre e figlio, almeno nella Grecia antica, è qui posto in maniera chiara e inequivocabile. Sono cambiate le cose oggi rispetto a allora? È vero che ci troviamo in una società senza padri? [7] Che i figli oggi non si scontrano più con la legge del padre? Che i figli “rottamano” i padri, un po’ sul modello di Alcibiade nel V secolo in Grecia?  

Il terzo libro che prendiamo in considerazione, Spettri sul divano. Il ritorno degli antenati in psicoanalisi, di Giampaolo Lai, [8] tratta del medesimo oggetto studiato nei due presentati prima, di Maurizio Andolfi e di Eva Cantarella, ovvero la relazione dei figli con i padri. Tuttavia, se i personaggi della relazione restano i medesimi attraverso le tre ricerche, padri e figli, cambiano qui radicalmente sia il luogo di residenza di uno dei due attori, il padre, che si trova a abitare il regno dei morti, e il suo statuto, che è quello di figura soprannaturale quando approda nel mondo dei viventi, o come immagine di un sogno o come presenza interstiziale nel corpo del figlio sopravvissuto, abitante ancora il mondo dei viventi. Cambia anche radicalmente l’approccio metodologico o teorico o di scuola nel descrivere la relazione del figlio con il padre. Nella terapia familiare multigenerazionale, di Maurizo Andolfi, per esempio, come di Vittorio Cigoli, di Giancarlo Tamanza [9], di Paolo Bertrando, o di Dario Toffanetti [10], il punto di vista del racconto solo apparentemente è quello di un qualche singolo componente della famiglia sopravvissuto, in genere il figlio con sintomi che parla al terapeuta. Infatti si tratta di una universalizzazione di eventi singoli inseriti nella trascendenza astratta di un supposto macrosistema familiare che darebbe senso e esistenza al concreto individuo intervistato e a ciò che questi dice e fa. L’approccio in ogni caso è dichiaratamente psicologico. Quanto a Eva Cantarella, il suo punto di vista non è evidentemente quello dei personaggi di cui è questione, Urano, Crono, Zeus, Alcibiade, i cittadini di Atene antica, bensì quello dello storico che la storia ricostruisce sui documenti a lui, a lei, disponibili, provenienti dalle teogonie, dal mito, dalla poesia, dalle tragedie, dalle commedie, dalla giurisprudenza dell’epoca. Il metodo non è più psicologico, nel senso per esempio che dà significato alle manifestazioni sintomatiche o comportamentali di un individuo attraverso il suo inserimento nella rete delle generazioni in cui si trova inserito, come nella terapia familiare (cfr nota 1); o che dà significato agli eventi di un singolo individuo, mettiamo Edipo, o Telemaco, o Ettore, o Andromaca, attraverso la universalizzazione di un suo gesto sottratto all’evento in questione e isolato nell’eternità di un’idea fondante assoluta, come fanno i lacaniani e gli junghiani (cfr nota 3 e 4). Tutto al contrario: il metodo di avvicinamento di Eva Cantarella ai personaggi delle sue storie è storico, nel preciso senso che ogni evento, ogni comportamento, per esempio dei rapporti tra padri e figli, vale per quel singolo padre e quel singolo figlio, tuttavia inquadrati nel momento storico, sociale, economico, in ci si producono, nella fattispecie la Grecia antica fino al V secolo a.C., senza ancorarlo (l’evento) alla trascendenza di un assoluto che valga per altre epoche e altre condizioni. Il metodo di avvicinamento alle conversazioni raccolte nel libro Spettri sul divano, può essere definito a partire dalle sue occorrenze, caratterizzate dall’incontro tra una persona vivente, più spesso il figlio, e una persona morta ritornante, in genere il padre e la madre, e dalla successiva conversazione del figlio sopravvissuto con il terapeuta, ovvero il tecnico delle conversazioni, sulla Piazza del Mercato [11], nel corso della quale è possibile negoziare i danni subiti nell’avventura dell’incontro con il ritornante dall’altro mondo tentando di ottenere ogni vantaggio che si profili, nel senso generale di ripagare i debiti contratti, riempire i vuoti prodotti, bonificare i mali patiti. Per esempio, in un sogno raccontato da Teodora, c’è la madre, morta da oltre dieci anni, in un letto di ospedale, che piange e si lamenta dicendo che è tutta colpa sua, che ha sbagliato tutto, e finalmente Teodora si accorge che il lamento non proviene dalla madre ma da uno dei macchinari situati attorno al letto sul quale la madre ha premuto il bottone “lamento”, come avrebbe potuto inserire la modalità “introduzione di zuccheri nella fleboclisi”. Per il tecnico delle conversazioni [12] la scena del sogno non è una costruzione della mente di Teodora, elaborata intorno al sentimento di Teodora di essere stata sempre dileggiata dalla madre; non si tratta quindi di una produzione psicologica. Piuttosto, il tecnico delle conversazioni potrebbe vederla – e infatti la vede, in una prospettiva storica, come Eva Cantarella, prendendo alla lettera ciò che nella scena appare – e dire che la madre di Teodora è venuta, dall’altro mondo soprannaturale in cui si trova, in questo mondo, il mondo del sogno della figlia Teodora, a giocare uno scherzo maligno alla figlia sopravvissuta. Nel punto di vista storico, però, l’avvicinamento del tecnico delle conversazioni al sogno non rientra interamente perché, a differenza dello storico, che prende dagli archivi, e raccoglie tutto intorno, ogni materiale elaborandolo in chiave immanente, per dire riconducibile alle determinazioni dell’esperienza, senza alla fine chiedere ai personaggi delle sue storie di muoversi in una direzione differente rispetto a quella in cui si sono mossi, il tecnico delle conversazioni inserisce in maniera caratteristica la lettura storica di un sogno in una prospettiva protrettica o deontica, per dire orientata a esortare o obbligare chi è reduce da un sogno in una certa direzione. Protrettici o deontici venivano infatti chiamati quei sogni nei quali l’irruzione di una figura divina o l’anima di un morto avveniva per invitare, esortare, obbligare il sognatore a compiere una determinata azione. Per esempio, l’anima di Patroclo torna nel sogno di Achille scongiurando l’amico di dargli onorata sepoltura [13]; Zeus invia a Agamennone il Sogno ingannatore per sollecitarlo a azioni di guerra [14]; Atena entra nel sogno di Nausicaa per sollecitarla a andare a fiume con le ancelle [15]. Nella fattispecie della scena del sogno di Teodora, che non è più una scena ma un racconto fatto al terapeuta sulla Piazza del Mercato, la negoziazione avverrà, mettiamo, per individuare le alternative più probabili dell’azione di Teodora per evitare che la madre torni con le modalità ostili nel sogno dispiegate. Come? Di volta in volta i due negoziatori sulla Piazza del Mercato, tecnico delle conversazioni e sognatore, sognatrice, cercheranno nei loro ricordi, nei loro miti, nelle loro pratiche religiose, nella letteratura disponibile, di poeti e autori di tragedie, i suggerimenti più adatti per giungere al loro scopo. Per bonificare i mali che la madre di Teodora deve aver patito per tornare sul piede della vendetta a esigere la riparazione a volte può bastare una candela accesa in una chiesa, o un fiore portato su una lapide spesso trascurata, se i versi di Baudelaire continuano a dirci qualche cosa:

                nous devrions pourtant leur porter quelques fleurs. / Les morts, les       pauvre morts ont de grandes douleurs.[16]  

Riassunto

Abbiamo messo assieme tre libri che trattano tutti il medesimo oggetto della relazione dei figli con i padri, anche se ciascuno da un punto di vista particolare. Il punto di vista storico, di Eva Cantarella, ci offre una rappresentazione, sulla scorta dei miti teogonici, della letteratura, della filosofia, delle produzioni poetiche e teatrali, sia pure circoscritta alla Grecia antica, fino al V secolo, dove la relazione tra padri e figli è quella tra padrone e servo. Tra padre e figlio si passa dalla sottomissione alla ribellione, alla feroce vendetta, non tanto per ragioni psicologiche o affettive, quanto per ragioni economiche, in quanto la legislazione non concedeva al figlio di godere dei beni della famiglia finché il padre era vivo. Dal canto suo, Maurizio Andolfi presenta il punto di vista della terapia familiare secondo il quale i conflitti attuali tra padre e figlio sono il risultato degli umori benigni e maligni che di generazione in generazione si sono addensati nel presente. Da questa premessa, la terapia del paziente designato attuale ferito si fa risalendo fino alle generazioni più lontane accessibili e da questo viaggio ritornando con una conoscenza che è al contempo una conquista di sapere e di un sapere che cura. L’approccio all’oggetto di studio e di terapia (conflitto tra padre e figlio) è quindi psicologico, e il suo metodo è di assumere una teoria che trascende i fatti singoli storici determinati per inserirli in un punto di vista astratto che tutti comprende prevede e anticipa. Il terzo avvicinamento al tema in esame, sempre del rapporto tra figlio e padre, è quello del tecnico delle conversazioni, proposto da Giampaolo Lai. Questo punto di vista si avvicina alla prospettiva storica per esempio di Eva Cantarella, in quanto cerca di limitarsi alla scena descritta dai protagonisti senza inserire questi in schemi che valgano sempre e per ogni altra coppia di protagonisti in altri luoghi e in altre circostanze. Nello stesso tempo, il punto di vista storico viene esteso per comprendere il punto di vista che abbiamo specificato con i termini un po’ astrusi di protrettico o deontico (cfr note 13, 14, 15), per dire esortativo o negoziale, dal quale il tecnico delle conversazioni invita o indirizza il figlio a cercare strade di uscita dai suoi mali, dai suoi debiti, dai suoi vuoti, provocati dall’incontro con l’ombra del padre tornata dall’altro mondo.

*****

 

[1] Andolfi M., 2015, La terapia familiare multi generazionale. Strumenti e risorse del terapeuta. Milano, Raffaello Cortina Editore.  Vedi anche, per un approccio simile, Vittorio Cigoli e Giancarlo Tamanza, 2009, L’intervista clinica generazionale. Milano, Raffaello Cortina Editore; e Paolo Bertrando e Dario Toffanetti, 2000, Storia della terapia familiare. Le persone, le idee. Milano, Raffaello Cortina Editore.  

[2] Cantarella E., 2016, Non sei più mio padre. Il conflitto tra genitori e figli nel mondo antico. Milano, Feltrinelli. 

[3] Zoja L., 2003, Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre. Torino Bollati Boringhieri.

[4] Recalcati M., 2013, Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre. Milano, Feltrinelli.

[5] Aristotele, Etica Nicomachea, viii, 1163 b.

[6] Euripide, Alcesti.

[7] Mitscherlich A., 1963, Verso una società senza padri, (trad. ital., 1970, Milano, Feltrinelli)

[8] Lai G., 2015, Spettri sul divano. Il ritorno degli antenati in psicoanalisi. Milano, FrancoAngeli. Con una introduzione di Vittorio Cigoli.

[9] Cfr. nota 1.

[10] Cfr. nota 1.

[11] Lai G., 2011, L’eternità sulla Piazza del Mercato. Bilateral verbal trade. Milano, Vita e pensiero Edizioni.

[12] Ovvero appartenente alla scuola delle tecniche delle conversazioni, come l’estensore di questa nota e autore del terzo libro in esame Spettri sul divano, op. cit.

[13] Iliade, 23, 62-100. (cfr Lai. G, 2015, Spettri sul divano, op. cit., pag. 37-39).

[14] Iliade, 2, 5-84. (cfr Lai. G, 2015, Spettri sul divano, op. cit., pag. 39-40).

[15] Odissea, 6, 25-40. (cfr Lai. G, 2015, Spettri sul divano, op. cit., pag. 41-42).

[16] Baudelaire Ch., 1857, Tableaux parisiens, XV, Les fleurs du mal. / La servante au grand cœur dont vous étiez jalouse, / Et qui dort son sommeil sous une humble pelouse, / Nous devrions pourtant lui porter quelques fleurs. / Les morts, les pauvres morts ont des grandes douleur, / … /. [La domestica dal grande cuore di cui tu – madre - eri gelosa, / E che dorme il suo sonno sotto un umile prato, / noi dovremmo tuttavia portarle qualche fiore. / I morti, i poveri morti hanno dei grandi dolori …/]

 
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