L’isterizzazione della scienza
La particella di Dio
 
L’isterizzazione della scienza. La particella di Dio
Giampaolo Lai
 
Quando nei giorni scorsi ho ascoltato le notizie, accompagnate da suoni di grancassa, che gli scienziati del CERN a Ginevra avevano scoperto la “particella di Dio”, definizione ripresa anche dalla nostra Margherita Hack, mi sono subito venuti in mente scoperte sensazionali annunciate sempre dal CERN, per esempio dei neutrini che viaggiavano più velocemente della luce, o di un altro annuncio di scienziati, della fusione fredda, o di altre, nel campo delle neuroscienze, come i mirror neurons, i neuroni specchio, da cui si promettevano cure dell’autismo e dell’Alzheimer. E mi sono detto: «Ecco un altro esempio di isterizzazione della scienza, per dire di una procedura teatrale antica sopra le righe, esibizionista, da imbonitori». Poi ho provato a documentarmi, per cercare di capire che cosa mai poteva essere questa particella di Dio, o, più precisamente bosone di Higgs. Riassumo quel po’ che sono riuscito a capire. Aspettandomi che gli amici che ne sanno di più mi correggano dove ho sbagliato a intendere.
Allora, esisterebbero due modelli o teorie in fisica per descrivere come funziona l’universo. Un primo modello ha a che fare con il tempo, lo spazio e la gravità ( e ragionevolmente con la velocità). Un secondo modello, quello attuale che va per la maggiore, conosciuto con il nome di Modello Standard, che comprende tre forze fondamentali che non sono però la gravità (bensì l’elettromagnetismo e le forze nucleari forti e deboli), e una gran quantità di particelle apparentemente indivisibile. Di queste, ci basti considerarne 17. Di queste, 12 sono fermioni (che si mettono assieme quali protoni e neutroni nei nuclei atomici) e gli altri sono elettroni che girono intorno a questi nuclei. C’è infine, una striscia di quattro particelle, i bosoni, che possono essere suddivise in: 1) i gauge bosons (traduciamo come bosoni sonda), i quali trasmettono forza e così permettono ai fermioni di interagire; 2) i fotoni, che trasmettono elettromagnetismo, ciò che mantiene gli elettroni in orbita intorno agli atomi; 3) i gluoni, che legano i quarks in protoni e neutroni attraverso la forza nucleare strong; 4) i bosoni w e z che trasportano la forza nucleare week, debole, che responsabile di un certo tipo di decadimento (decay) radioattivo; 5) e alla fine c’è il bosone di Higgs. Il bosone di Higgs, H, non sarebbe un gauge boson, un bosone sonda, non trasmette una forza, ma dà massa alle altre particelle. Senza il bosone di Higgs non si spiegherebbe da dove proviene la massa delle altre particelle. Per i fermioni, non ci sono problemi in quanto hanno massa da soli. Ma il Modello Standard vuole che i bosoni siano senza massa. Eppure, i bosoni w e z hanno una massa: essi sono anzi molto pesanti, pesano almeno cento volte il peso dei protoni. Quindi i bosoni di Higgs sono la chiave di volta del Modello Standard il quale rimane valida o cade se il bosone H c’è o viene tolto.
Il fatto è che il bosone H è talmente instabile che non può mai essere direttamente osservabile. Ma lo può essere indirettamente, per esempio attraverso gli esperimenti al CERN attraverso il Large Hadron Collider, una macchina che lancia grappoli di protoni su un cerchio con 27 chilometri di circonferenza, in direzioni opposte, a una velocità vicina a quella della luce , in modo che si scontrino frontalmente. Più rapidamente i protoni si muovono, più energia hanno (e meno massa), secondo la formula di Einstein: E=mc2. Quando si scontrano, decadono in altre particelle, ma vanno anche più lentamente, così ho capito, quindi prendono massa. Sarebbe così che il bosone H dà massa? Ma siccome il bosone H non si può osservare direttamente, gli scienziati hanno diretto la ricerca sulle piccole deviazioni rispetto a ciò che si sarebbe potuto osservare se il bosone di Higgs non ci fosse. Da una collisione di protoni contro protoni, sugli apparecchi di rilevazione del Large Hadron Collider di Ginevra apparirebbe il segno del bosone di Higgs: il quale però decade immediatamente in due lanci di hadron (particelle osanti) e due di elettroni, visibili come linee.
Devo dire che dopo aver studiato queste cose, e aver constatato l’eleganza e la profondità delle teorie utilizzate dagli scienziati, sono diventato più tollerante anche all’appellativo di “particella di Dio” , tanto più se serve a indicare l’elusività, come Dio agli uomini, di queste particelle, da una parte, e dall’altra, a lanciare l’interesse intorno a una materia che non richiama la passione delle persone comuni, magari anche in vista di raccogliere fondi, o di non tagliarne, per un’impresa come quella sostenuta dal CERN che, solo per costruire il Large Hadron Collider, girerebbe intorno ai 10 miliardi di dollari.
 
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